mercoledì 28 dicembre 2011

martedì 13 settembre 2011

Hana Mandlikova e la mia epifania


Era l'estate del 1981. Ero un'adolescente un po' inquieta ma tutto sommato felice, senza grossi problemi in famiglia o a scuola. Certo, sentivo dentro di me una sfasatura, una mancanza, un anelito verso qualcosa di indefinibile.
Questo qualcosa avrebbe preso forma nella maniera più strana durante quell'estate.
 Fino ad allora non avevo mai pensato a cosa volesse dire "mettersi assieme" a un ragazzo; neanche le mie più care amiche ci pensavano molto, non se ne parlava, e a me andava bene così. Sull'argomento ero abbastanza ignorante e non avevo nessuna curiosità. I miei interessi del tempo erano altri, tra cui la lettura.
Davvero non ero attratta da altri? Davvero non avevo preso mai una cotta per nessuno? No, non era così, ma io non lo sapevo, non me ne rendevo conto chiusa com'ero all'interno della rappresentazione fasulla del mondo che ne dava la maggioranza etero.

A quei tempi la Rai trasmetteva  quasi interamente i tornei di tennis del Roland Garros e di Wimbledon, sia maschile che femminile. Il tennis mi piaceva abbastanza, potevo assistere agli spettacolari duelli tra McEnroe e Borg, tra la Evert e la Navratilova - e così via...
Non ricordo esattamente la prima partita in cui la vidi: forse un ottavo di finale addirittura, o più probabilmente dei quarti. Fu un colpo di fulmine: Hana Mandlikova era una giovane giocatrice ceca (anzi, cecoslovacca) che si muoveva sul campo con una grazia e una perfezione adorabili. Il suo gioco era efficace e fantasioso al tempo stesso; slanciata, non muscolosa, un volto paffutello e un po' infantile, due occhi che mandavano dei lampi azzurri, a volte decisi, a volte timidi.
Hana si era già fatta notare proprio in Italia pochi anni prima in un famoso torneo giovanile, da cui erano usciti tanti futuri campioni. Poi l'exploit a Parigi nel 1981: vinse prima i quarti, poi la bellissima semifinale contro la Evert, infine la relativamente facile finale con un'altra outsider, la tedesca Hanika.
Potei anche assistere all'intervista del dopo partita con il mio nuovo idolo, che contribuì a farmela amare ancora di più. Non mi rendevo conto che questo sentimento era oltre il lecito, e non solo perchè mi ero innamorata di un personaggio "televisivo", irraggiungibile. Per inquadrare bene questo mio sentimento avrei dovuto far passare anche Wimbledon dove purtroppo iniziò a uscire fuori il carattere fragile della Mandlikova, che perse malamente la finale con la Evert.
Qui il link a una specie di reportage su quel Roland Garros, qui invece un'analisi precisa del suo stile e del suo modo di giocare a tennis; per il resto su Youtube basta digitare il suo nome aggiunto a quello della Evert e della Navratilova per vedere dei pezzi di quelle partite memorabili.

Cominciai a comprare tutte le riviste di tennis che uscivano all'epoca (ben tre), a cercare sue notizie dappertutto, avidamente. Ci fosse stata internet probabilmente avrei scaricato ogni suo video possibile, ogni foto, ogni notizia; purtroppo io potevo accontentarmi di ben poco: non avevo neanche un registratore di vhs per registrarmi le partite (non so neanche se esistessero all'epoca).
Fino ad allora non sapevo quasi neanche cosa fossero le lesbiche. Conoscevo il termine, certo, e il significato, ma non mi riguardava, non mi interessava l'argomento.
Alla fine di quell'estate la mia ossessione per la Mandlikova iniziò ad inquietarmi un poco, c'era qualcosa di estremamente "sbagliato" in questa cosa, lo sentivo.
Poi una notte successe, lo ricordo come fosse ieri: mi alzai a sedere, al buio, e mi dissi chiaramente "io sono lesbica". Ero terrorizzata e disgustata al tempo stesso, d'un colpo tutte le tracce e gli indizi del passato si misero al loro posto, come in un veloce gigantesco puzzle di ricordi: la mia prima cotta, una ragazzina che era un'amica di una mia compagna delle medie,  il grande amore che avevo avuto i primi due anni di liceo per una compagna di classe, quello durato un'estate per la cugina di un mio vicino di casa, il mio odiare i vestiti femminili, l'essere totalmente disinteressata ai ragazzi.
Non conoscevo nessuno con cui potermi confidare, non subito almeno; non conoscevo nè mi sarei mai accorta di altre persone gay come me per anni; ero sicura che i miei non avrebbero sopportato di sapere questa cosa, che all'epoca mi sembrava quasi come avere la peste.
Era il 1981, forse qualcuno potrà ricordarsi come degli omosessuali si parlasse pochissimo e solo come macchiette o per denigrarli; non c'erano film (quasi), telefilm, personaggi pubblici, asssociazioni, libri pochi e conosciuti solo da intenditori. Qualcosa iniziava ad apparire nella musica pop e rock, ma sembrava più per gusto dell'eccesso che per proporre un proprio valido e normale orientamento sessuale.
Mi sentivo sola come un cane, gravata di un peso enorme; pensavo che non avrei mai potuto avere una vita normale e felice. Avevo dei pregiudizi enormi sull'omosessualità, in realtà non ne sapevo niente.
Passai quasi tutte le notti di quel periodo a piangere. E' stato un periodo molto brutto della mia vita, è qualcosa che so avere avuto una terribile influenza sul mio modo di pensare di quegli anni, ma le cui conseguenze si sono poi protratte molto a lungo. La sfortuna ha voluto che non potessi incontrare nessuno che mi dicesse "ma che cavolo stai dicendo? non sei più anormale di qualsiasi altro adolescente della tua età, non c'è niente di terribile a essere quello che sei, ad amare le persone che ami"; il mio carattere introverso, timido e sensibile ha fatto il resto: mi sono rinchiusa in un guscio sempre più autoreferenziale, buio, triste.
Ho pensato spesso alla morte. Non credo di averlo mai veramente voluto, ma ci pensavo tanto. Alcune volte passavo le notti a pensare quale fosse il metodo più indolore per togliersi la vita; il buon senso mi faceva però sempre concludere che non avrei mai potuto dare questo dolore ai miei, non se lo meritavano. Non avrebbero mai saputo il perchè - questa mi sembrava una cosa ancora più terribile.
Adesso per fortuna esistono associazioni che assistono gli adolescenti gay, molti di loro certamente hanno avuto gli stessi pensieri che ho avuto io. Tanti adolescenti suicidi senza apparente motivo probabilmente sono gay. Spesso si  descrivono questi ragazzi come "senza problemi", "bravi a scuola", "con amici", aventi "buoni rapporti con i genitori", il suicidio sembra "inspiegabile"; manca sempre un tassello per sciogliere l'enigma della loro morte.

Molto lentamente avviai un percorso personale di conoscenza e accettazione di me stessa; iniziai a leggere libri, a documentarmi, a cercare dei modelli e degli esempi positivi. Dopo un anno mi confidai con le mie due migliori amiche, anche se servì a poco. La Mandlikova uscì gradualmente dai miei pensieri, sia perchè si ritirò molto presto dai campi da gioco, sia perchè seppi che si sposò con un australiano; questa cosa mi deluse un po', anche se sembrava perfettamente normale. Solo dopo tanti anni seppi che lei era lesbica e che aveva una relazione con la Novotna (il matrimonio con l'australiano era finito da parecchio tempo, durato un paio d'anni), la giocatrice ceca come lei che si mise ad allenare nella sua seconda carriera nel tennis; fragile psicologicamente come la sua maestra riuscì però a vincere il Wimbledon che sfuggì alla Mandlikova tanti anni prima - ma io ormai non seguivo più il tennis e neanche la Rai (qui ho trovato notizie più recenti - la sua nuova compagna, la fecondazione assistita, la maternità).
Oggi gli adolescenti gay fanno coming out molto presto, a parte le situazioni di non accettazione in famiglia di solito riescono ad avere le loro storie, ad amare in maniera spontanea e non colpevolizzante i loro compagni e le loro compagne; frequentano i luoghi di ritrovo gay, vanno ai Gay Pride, si divertono, vivono la loro vita, magari con qualche battaglia in più da combattere rispetto ai loro coetanei etero: ma lo fanno a viso aperto, con coraggio.
Io ho dovuto guardare delle partite di tennis alla tv per rendermi conto della mia omosessualità: non il modo migliore di iniziare a vivere i sentimenti più naturali del mondo in una fase così delicata come l'adolescenza.
Auguro a tutti i giovani gay e le giovani lesbiche che possano vivere con serenità le loro vite, e spero che quelli che non vivono in occidente e che hanno adesso molti problemi possano un giorno avere il diritto di amare a viso aperto, come tutti.


martedì 6 settembre 2011

Lontano dal paradiso

Ieri sera ho rivisto in Tv il film "Lontano dal paradiso", in cui si incrociano le tematiche del razzismo e dell'omosessualità in maniera abbastanza originale.
Ambientato durante gli ipocriti, patinati, ingessati e segregazionisti anni '50 questo film parla dell'impossibilità delle relazioni umane, impossibilità data dalla rigidissima gabbia sociale che soffoca ogni parvenza di libertà, spontaneità e amore vero.
Il fatto che la protagonista al centro del "triangolo" (che triangolo non è a dire il vero) sia una donna non è senza conseguenze nell'acuire la drammaticità delle storia: diversamente l'amore di un uomo bianco verso una donna di colore sarebbe sì stato disapprovato, ma avrebbe trovato altri modi clandestini per proseguire, occultandosi magari dietro i comportamenti "da padrone bianco con licenza". Lo stesso dicasi per l'omosessualità del marito della protagonista: se il marito fosse stata una moglie avrebbe certamente perso la possibilità di vedere i bambini, rimanendo tra l'altro con seri problemi economici (cosa che non succede a Dennis Quaid, l'attore che interpreta il marito).
Qui l'omosessualità per quanto deprecata è già nell'orizzonte delle cose che possono accadere - anche se ipotizzata come malattia o vizio; per gli uomini poi è relativamente facile viverla attraverso sotterfugi, luoghi di ritrovo, e quel codice maschile particolare che riesce ad andare al sodo nei posti e nei momenti più impensabili - nel film con pochi accenni si riesce a dare conto di tutto ciò.
L'amore interrazziale invece è tabù, qualcosa di impensabile anche per l'amica delle protagonista pur disposta alla comprensione più totale.
Questo film mi mette angoscia ogni volta che lo rivedo; la rete sociale fatta di tanti occhi indagatori, di tante gabbie invisibili ma pesantemente presenti mi ricorda tanto quella che vedevo io nella mia adolescenza, dove mi sembrava che le persone avrebbero addirittura potuto leggere nella mia mente il mio "innaturale" interesse per le ragazze. In quegli anni lontani avevo dentro di me gli anni '50 americani - un censore severissimo e disgustato che non mi lasciava altra alternativa che la dissimulazione.

mercoledì 20 luglio 2011

Matrimoni, unioni civili, diritti

Credo che in una società ideale tutti dovrebbero avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. Quindi diritti di seguire certe usanze e avvalersi di certe istituzioni, così come quello di ignorarle e continuare liberamente a vivere secondo i propri valori e le proprie attitudini.
Non entro nel campo del diritto al matrimonio religioso per gli omosessuali - delle istituzioni che si riferiscono ad entità soprannaturali che avrebbero dato disposizioni agli esseri umani attraverso libri scritti all'interno di società patriarcali, arretrate e maschiliste mi importa poco, e credo debba importare poco a chi si batte per diritti civili all'interno del mondo di tutti i giorni, fatto di cose concrete come figli, affitti, tasse, rispetto, uguaglianza.
Molto semplicemente io sarei per la possibilità per i gay e le lesbiche di poter avere matrimoni civili o unioni civili che prevedano gli stessi oneri e onori delle unioni etero: né più né meno; e questo anche se io non volessi mai usufruirne perché convinta di voler distruggere "un'istituzione borghese" imbalsamata e inutile (per dire). Chi la pensa diversamente ha il diritto di poter usufruire delle stesse istituzioni rivolte agli etero. Il rispetto per gli omosessuali inizierà ad essere praticato quando la si smetterà di vederci come persone di serie B - i Pacs o i defunti Dico erano matrimoni di serie B, tanto per intendersi.
Un esempio che sembrerà cretino (non lo è mai comunque quando si parla di soldi) è quello del canone Rai. Forse non tutti sanno che per legge (che gli astuti della Rai hanno pensato bene di riformulare adattandola a tutte le possibili eccezioni) se due persone convivono nella stessa casa ma non risultano nello stesso stato di famiglia devono pagare due canoni anche se solo uno dei due possiede un televisore. [EDIT: con la recente riforma del 2016 credo non più]
Molte coppie gay risolverebbero il problema se potessero sposarsi - questo come molti altri riguardanti la fiscalità, le agevolazioni, per non parlare del tremendo problema dei lasciti testamentari, delle volontà del malato impossibilitato a comunicare, delle visite in ospedale, delle case in affitto - ecc. ecc.
Recentemente lo stato di New York ha approvato i matrimoni gay: buon per loro...Una cosa del genere temo non avverrà mai in Italia, a meno che le cose in un futuro non vicino cambino tanto da far diventare irrilevante l'influenza della Chiesa Cattolica.
Termino questo breve post, che non può approfondire il tema come meriterebbe, mettendo il link a una bella galleria fotografica che fa una carrellata dei Gay Pride di quest'anno nel mondo.

domenica 5 giugno 2011

Un piccolo salto al Festival Mix di Milano 2011

Quest'anno stavo saltando la mia solita immersione al festival del cinema gay e lesbico di Milano, il Festival Mix (problemi di tempo e di logistica); poi una mail di un'amica etero che per la prima volta voleva venire alla manifestazione mi ha convinto ad andare almeno una sera, quella del lunedì (la penultima).
Tra l'altro forse questa amica ha fatto parte della lista di amici etero a cui qualche volta ho chiesto, nel tempo, di venire al festival - con scarsi risultati; felice comunque che almeno una volta in tutto questo tempo abbia potuto vedere i film con amici non gay.

Mi è andata bene: prima la visione del bel documentario "365 WITHOUT 377" che ha raccontato l'India GLBT che ha festeggiato un anno dall'abrogazione della repressiva legge contro l'omosessualità - làscito avvelenato del colonialismo inglese; poi il film tedesco "Romeos", recitato benissimo e interessante nel proporre un trans FtM alle prese con un amore meno che alcuni riterrebbero "diverso", anche negli ambienti GLBT meno "aperti".
Il documentario "indiano" è stato girato da Adele Tulli, presente alla proiezione, e mi è piaciuta sia la regia, sia l'aver individuato tre diverse persone da seguire durante la preparazione della manifestazione: un attivista gay, una lesbica, una trans danzatrice. Le loro storie sono raccontate con semplicità ( e sono anche molto commoventi) e sono tutte rappresentative di un percorso di vita che assomiglia per certi versi a quello di molte persone GLBT occidentali, anche se in India per ovvie ragioni è tutto più difficile.
Anche in India i maggiori avversori dell'abolizione di questa norma orribile (che poteva condannare le persone sorprese a praticare atti omosessuali fino al carcere a vita) sono stati i rappresentanti di diverse confessioni religiose, tutti allegramente coalizzati contro i "propagandatori" di uno stile di vita" contro natura".
In "Romeos" invece c'è un po' d'Italia, dato che uno dei protagonisti è di origine italiana (nella vita e nel film, con tanto di famiglia in cui si parla italiano), come la regista d'altronde.
Il protagonista FtM in realtà è un attore maschio, appositamente provvisto di protesi (anche se ho fatto fatica ad accorgermene nelle poche scene in cui si vede a torso nudo). Nel film da una parte c'è la storia del suo percorso verso l'identità completa tra se stesso e il suo corpo, dall'altra c'è la storia d'amore con un uomo bisessuale (per quel che ho capito); in ogni caso c'è la ricerca della libertà e del superamento di stereotipi e paletti, che comunque in Germania mi sembrano essere molti meno che qui in Italia.

Dall'informazione sul web apprendo che a vincere il FestivalMix è stato il film spagnolo "80 Egunean", storia d'amore tra due donne anziane. Il soggetto mi sembra davvero interessante, per chi come me vorrebbe recuperare la visione di questo film c'è la notizia che prossimamente potrà essere visto su Queerframe, un sito di cui avevo già parlato qui.

venerdì 18 marzo 2011

"It Gets Better"



Gli Stati Uniti nel bene e nel male sono sempre attivi per quel che riguarda iniziative che incidono nel sociale: in questi ultimi due/tre anni molte persone, anche dello "star sistem", sono state colpite dai tanti episodi di suicidi di ragazzi omosessuali, dagli episodi di bullismo, dalle testimonianze di giovani che ancora adesso, nonostante i tanti passi in avanti compiuti dal movimento GLBT, hanno tantissime difficoltà.
"It gets better" è un progetto che prevede interventi video di gay e lesbiche che raccontino in breve la loro esperienza in maniera da dare un supporto ai giovani omosessuali, per non farli sentire soli in un momento della loro vita in cui magari non hanno la possibilità di parlare di loro stessi con amici e parenti refrattari oppure ostili. 
Nei video ci sono testimonianze di persone comuni di ogni tipo e ogni paese (anche se a farla da padrone naturalmente sono gli americani - ma si vedono video anche di tedeschi, cinesi, latinoamericani) , ma anche video di persone più famose che sostengono questo progetto. Molto apprezzato il video in cui ci sono membri del cast e della squadra di "Brothers and Sisters", famoso telefilm che parla di una famiglia americana in cui uno dei protagonisti è gay, sposato, e ultimamente papà adottivo.

Facendo un salto nel continente africano le cose cambiano di parecchio: lì si rischia la vita a causa di leggi dello stato omofobe, o se va bene anni di prigione. In Malawi si è addirittura riformato il codice penale per includere anche l'omosessualità femminile come reato: sembrava ingiusto contemplare le pene solo per i gay maschi!
In Sudafrica invece da anni vige l'"usanza" dello "stupro correttivo", un'orribile pratica punitiva verso le lesbiche, prese di mira in maniera particolare. L'associazione Avaaz sta raccogliendo da tempo le firme per una petizione da presentare al presidente del Sudafrica; assieme ad altre iniziative volte a portare l'attenzione su questa orrenda pratica la petizione può essere un mezzo di pressione della comunità internazionale. Chi vuole può firmare qui.

mercoledì 19 gennaio 2011

"X-files": galleria dedicata a Gillian Anderson

A distanza di anni non capisco bene come mi possa aver appassionato una serie come "X-files" (no, non era solo per la presenza di Gillian Anderson, che nella prima stagione era ancora un anatroccolo un po' paffutello e goffo), però devo dire che da lì hanno preso spunto tantissime serie televisive degli anni seguenti, sia belle che brutte.

Gillian Anderson prima maniera
Di recente Gillian Anderson (assieme al fido David Duchovny) l'ho rivista nel dvd del 2008 "X-files: voglio crederci", il secondo film tratto dalla serie a distanza di diversi anni dal primo. Dalla prima apparizione della Anderson in "X-files" sono passati ben15 anni, e mi sembra che se la cavi ancora egregiamente (vedere le ultime foto).

Il periodo migliore

Dalla seconda stagione in poi (la Anderson parteciperà a tutte le 9 stagioni di "X-files" a partire dal 1993) mi sono decisamente presa una bella cotta per la Scully televisiva che offriva di sè ben poco a parte una efficace recitazione e il volto per me radioso e interessante; sempre intabarrata in tailleur morigerati ricordo ancora con emozione un episodio delle ultime stagioni in cui si presentava con una maglietta scura aderente: tutto è relativo!

Dal film "X-files: voglio crederci"

Tutte le immagini©Twentieth Century Fox