Perché "lesbica riluttante"?
Sono sicura che quasi nessuna lesbica sotto i 30 anni userebbe mai l'aggettivo "riluttante" per definirsi; magari "non dichiarata" - e magari solo al lavoro (o il contrario, dichiarata al lavoro e non in famiglia).
La "riluttanza" quindi indica uno stato d'animo del tutto personale e in un certo senso disgiunto da ciò che sono pubblicamente: molti miei parenti sanno che sono lesbica, e molti miei colleghi, nonché tutti gli amici (quelli veri) e molti conoscenti. Molti, non tutti (parlerò delle motivazioni di questa situazione più in là, in post successivi magari).
Bisognerebbe immaginare una timida, repressa, ingenua ragazza cresciuta a cavallo tra anni settanta e ottanta del secolo scorso per capire il significato della parola "riluttanza" - un misto di sensi di colpa, odio di sé, orgoglio, consapevolezza che lentamente negli anni si è trasformata in serena accettazione.
Ma sapete com'è, anni e anni di ferite non possono essere cancellate facilmente; quello che siamo stati lo portiamo in noi non solo come ricordo, ma come sostrato di quello in cui poi ci siamo trasformati.
Le cicatrici rimangono; sotto pelle, invisibili agli altri e, vogliamo scommettere (ma non dovremmo), anche a noi stessi.
Una parte di me vorrebbe un giorno riunire il blog "B" al blog "A" (che parla di tutt'altro), un'altra parte lo ritiene inutile e controproducente (sono una persona molto pratica), un'altra parte ancora cerca di non desiderare e immaginare perchè sa che vivere alla giornata è la sola filosofia di vita a cui pensa di essere pervenuta in quasi 50 anni.
Un altro significato dell'aggettivo "riluttante" è quello riferito alla mia vita sociale e sentimentale - pressocchè nulle. Dopo anni di frequentazioni dell'"ambiente" e anni di tentativi di approcci sentimentali falliti al 99% (e l'1 riuscito me lo son fatto bastare) direi che "riluttante" serve a descrivere il mio possibile riavvicinamento (se ci fosse l'occasione) a queste due sfere dell'interagire umano.
Tuttavia mi concedo ogni anno una sortita al Gay Pride e qualche giornata al Festival del Cinema Gay - occasioni per salutare e rivedere persone che ormai non incontro più nei luoghi frequentati una volta (locali, associazioni, feste).
giovedì 20 maggio 2010
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Io voglio esistere.
RispondiEliminaE' stato tremendo sapere di essere fondamentalmente omosessuale, di esserlo proprio, senz'ombra di ambiguità. Non sono stata riluttante: sono quasi impazzita per questo. Il percorso è lungo. Quindi: prima per un pelo non esco di testa. Poi in seconda fase: studio delle strade possibili per non rinunciare a me e salvarmi dai conflitti inevitabili (nella mia famiglia dirlo è stato foriero di violenza e malattia in genere).
E poi fase tre: sono diventata lady oscar, era il mio amore che tenevo a fuoco. Cavallerescamente ho spostato l'attenzione dalla mia immagine sociale alla tutela del mio amore.
Esistere non è scontato. Tipo volevo dire che mi sono trovata in questa trincea e la guerra è diventata mia. Maniche rimboccate, nessuna riluttanza. Lotta, invece.
anna
Esatto, lottarre è l'unica maniera per esistere. Si sceglie... Lottare è la scelta giusta :)
EliminaSì, in questo caso il significato di "riluttanza" l'ho trasferito da me stessa al contesto sociale: non mi sento riluttante in quanto all'essere lesbica, quanto nel vivere sociale lesbico - ma solo dopo averci vissuto, eh...
RispondiEliminaTu sei diventata lottatrice (e ti ammiro), io no, ma non per questo mi sento passiva, tutt'altro.
Anche io all'inizio l'ho presa molto male...ne parlerò meglio in un prossimo post.
Attivismo personale e riluttanza a parte, “il tempo fugge“ quindi, calandomi nel tempo corrente, auguro a te, Carol, e ai tuoi lettori e commentatori “SERENE FESTE NATALIZIE” e “UN 2011 RICCO DI BUONE E BELLE NOVITA’”.
RispondiEliminaAnonimo46
Grazie molte per gli auguri...
RispondiEliminaCiao, ti ho trovata per caso, inseguendo tracce cinematografie, molto interessante !
RispondiEliminaCiao joy, grazie molte.
Eliminanon ci vedo nulla di male nell'essere lesbica, anch'io lo sono stata e non mi sono fatta nessun problema fin quando non ho trovato chi se ne faceva e dava di matto per via della sua omosessualità. ora non voglio più stare con una donna, non voglio più sentirne parlare, preferisco interessarmi ad un uomo, mi hanno fatto molto meno male rispetto al male che mi ha fatto il mio stesso sesso (non credevo facesse così male, ma forse è stata una fortuna)
RispondiEliminabel blog :)
Beata te che riesci a cambiare orientamento sessuale a seconda delle necessità...a me riuscirebbe impossibile, ma non solo a me, ho tante amiche etero deluse dagli uomini che non riuscirebbero mai (per dire) a farsi piacere le donne.
EliminaComunque il mondo è bello perchè è vario.
In realtà a me è capitato, non che mi sia mai messa in testa di farmi piacere nessuna donna, me n'è piaciuta qualcuna quando è capitato, nel contempo però mi sono piaciuti anche gli uomini con i quali poi chiusi i ponti perchè per loro smisi pian piano di provare interesse, un interesse che voglio ritrovare. Penso che in fondo per una ragazza sia più ovvio stare con un uomo, con lui puoi crearti una famiglia, c'è maggior completezza, e poi una donna che sta con un uomo viene meno giudicata dalla gente rispetto a una ragazza gay, se lo fanno al massimo possono chiamarti putt*na ma essere chiamata lesbica, gay a mò di offesa è molto più lacerante. Un altro aspetto è che con i maschi mi sono sempre sentita più serena, invece le ragazze lesbiche che ho incontrato non hanno fatto altro che farmi male, almeno io l'ho presa così.
EliminaComunque rispetto tutti gli orientamenti, neanche so in fondo qual'è il mio visto quanto poco lo capisco.
Almeno tu hai provato ad avere delle relazioni, ti sei sentita sicura di te e hai cercato di vivere la tua omosessualità come è naturale che sia.
RispondiEliminaPoi dici che le cose sono andate male e che ti hanno portato a rinunciare alla vita sociale e sentimentale.
Io che sono arrivato adesso, oltre i 40, a comprendere di essere omosessuale, vorrei frequentare qualcuno che sente quello che sento io, ma per come parli di eventi e associazioni legate a questa realtà verrebbe voglia di lasciar perdere.
Sia ben chiaro che se anche trovassi il coraggio di fare questo passo resterebbe esclusa la possibilità di una vita affettiva a causa della mia inadeguatezza.
Ciao
No, non vorrei aver dato un'idea sbagliata del mondo delle associazioni e dei locali gay: io ormai non ci vado da tempo, per motivi miei, ma non dubito che altri con altre esigenze possano trovare persone disponibili o interessanti. Un primo passo potrebbe essere quello di intervenire sui siti delle associazioni - non so, tipo l'Arcigay, che dovrebbe avere anche un telefono amico - e intanto iniziare a parlare con qualcuno delle proprie difficoltà. Non dico che troverai di sicuro dei grandi amici o addirittura un ragazzo con cui stare, ma intanto potresti provare a instaurare un dialogo con qualcuno (sono sicura che nella tua situazione ci sono altre persone). Parlare è il primo passo, anche andare in locale solo per dare un'occhiata può essere un primo passo; meglio che starsene chiudi in casa ripetendosi le stesse cose.
RispondiEliminaGrazie Carol, comincerò a dare un'occhiata a qualche sito.
RispondiEliminaBuona giornata
Ho cercato per tutta la vita di nascondere tutte le tracce.
RispondiEliminaDa ragazzino venni colto da un genitore mentre provavo dei collant. L'unica volta.
Poi ho continuato a nascondere. Nascondere collant guaine e corpetti.
Una ex amica di famiglia, forse per vendicarsi per l'emarginazione subita, comprendendo la mia non facile situazione mi porto al carnevale vestita da ragazza.
Ma le foto le facemmo che ero vestito un anno da cow boy quello dopo da pirata. Ma da finta ragazza mi piacevano cmq le ragazze ed avevo timore dei ragazzi.
Quando diventai adolescente bacia il primo ragazzo. Dopo averlo fatto mi girava la testa, mi sentivo sciocco e mi scappava da ridere. Credo fosse felicità. Le farfalle nello stomaco. Non andammo mai oltre i baci ed un po di petting al cinema. E cosi che ho finito per isolarmi.
Un giorno sono sceso in cortile perchè era caduta un reggiseno che mi ero lavato a mano. Un unico cortile per due case che davano in vie diverse. Conobbi cosi un artista che stava raccogliendo il bucato. aveva in mano il mio reggiseno ed il volto le si illumino alla mia frase " quel reggiseno è mio" Per un periodo mi sono vestito da donna a casa della stravagante pittrice e video artitsta.
Lei era lesbica ed abbiamo trascorso delle indimenticabili ore liete mentre io recitavo la parte di una donna. Ha voluto ardentemente che indossassi uno strap-on per avere un rapporto originale.
Ma anche questa cosa, che mi generava felicità prima e depressione giorni dopo, anche questa è finita
Mai mi sono sposato, non mi interessava far felici parenti ed infelice me e una donna. Sempre solo e riservato. Ho sbagliato tutto. Le feste di fine anno mi ubriaco un po e guardo filmini porno. Poi lo so, finisco per piangere. Ore di inestinguibili lacrime. Guardandomi allo specchio in bagno con il trucco che colando mi ha trasformato la faccia: sembro un pugile su cui l'avversario ha infierito con odio.
Non è facile vivere l'omosessualità. Non in Italia. Chi ti conosce ti emargina. Perfino il ragazzo del mio primo bacio omosessuale in pubblico 30 anni dopo mi evita. Mentre in pubblico mi quasi addita a cattivo esempio in privato si fa adorare. Quando ha voglia lui.
La vita non ha quasi più senso. O forse na ha uno, finto.
AndroGinoCeo
Io credo che in giro ci siano tante persone che hanno provato o provano le stesse cose, e sono loro che dobbiamo cercare di incontrare per non sentirci così soli. Oggi c'è internet e per quanto le insidie siano molte ci sono molte più probabilità di prima di trovare amici, oppure anche aiuto (è pieno di associazioni LGBT). Non dobbiamo arrenderci anche se l'ambiente che ci circonda sembra ostile.
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