giovedì 8 luglio 2010

Violenza di genere

Quand'ero più giovane e ingenua pensavo che fosse evidente che gli uomini avessero un serio problema  a gestire l'aggressività, e che le donne, tranne poche eccezioni, ne fossero le vittime principali.
In alcuni paesi extraeuropei questa violenza è quasi ratificata da usi e costumi patriarcali che neanche le leggi (là dove ci sono) riescono a sradicare.
Che la violenza maschile sia un portato della genetica e/o della cultura è argomento ancora di studi, discussioni, ecc. Che sia possibile minimizzare o addirittura negare ciò ha dell'incredibile, eppure è quello che avviene anche nella "moderna e civile" Italia, dove peraltro le uccisioni di donne da parte di uomini frustrati e incarogniti prosegue a ritmi allarmanti.
Qui nel blog molto seguìto di Meltiparaben nei commenti si ha una varietà di opinioni maschili a proposito della violenza di genere: tranne qualche rara eccezione c'è o una sottovalutazione del fenomeno e delle sue cause, o addirittura uno spostare l'argomento sullo stalking femminile.
Nel sito letterario di aNobii una discussione parla della recente sentenza della Cassazione che assolve il marito violento; anche qui dai commenti delle donne si evince che la sottovalutazione della violenza maschile è un tratto comune anche a sinistra (ma non è una sorpresa).
Vivere in un contesto in cui questo enorme problema non viene neanche avvertito come specifico e urgente ("bastano le leggi, chi usa violenza, uomini o donne, deve essere perseguito") significa perpetuare la cultura in cui la violenza si esplica: una cultura ancora profondamente maschilista e misogina, che vede con fastidio le persone che osano mettere in rilievo che la violenza maschile nasce da qualcosa di più profondo che uno scatto di nervi.
Se gli uomini non riescono a cominciare a mettersi in discussione, a mettere in discussione i loro stereotipi e  il loro modo di rapportarsi con le donne la violenza sarà sempre il terminale per una minoranza di loro, ma una minoranza forte e soprattutto letale. Bisogna andare a monte, e non solo pensare a leggi più efficaci per il "dopo"; e bisogna che cambi anche la mentalità delle donne deboli che non riescono a vedere la propria vita se non in funzione a quella di un uomo, qualsiasi esso sia.
Devo dire la verità: sono molto pessimista che la mentalità degli uomini a proposito di questo problema cambi in poco tempo. Basta dare uno sguardo intorno per vedere che l'humus in cui queste violenze avvengono è se possibile peggiorato: la donna è ancora vista in funzione di qualcosa - un corpo, una funzione da svolgere (la casalinga, la madre dei "miei" figli, la cuoca), l'assistente e la curatrice degli uomini bisognosi. C'è una misoginia nei mezzi di comunicazione, nei media, nei discorsi al bar, che si taglia col coltello.

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