lunedì 11 ottobre 2010

Il "coming out"

Lo spunto per parlare di "coming out" lo prendo da quello recente di Tiziano Ferro, di cui si è molto discusso almeno sul web (non guardo la televisione e non so se questo piccolo evento abbia innescato qualche riflessione minimamente matura sull'omosessualità, ma specialmente sul significato della visibilità dei gay e delle lesbiche, sia famosi sia non).
Direi che una panoramica dei commenti della comunità gay la si può trovare nei diversi articoli apparsi recentemente in "Queerblog.it", qui e qui (e un altro bel post qui). Anche tra i commentatori di questo sito c'è chi insinua che Tiziano Ferro abbia voluto approfittare della pubblicità di questo gesto per lanciare la sua autobiografia - d'altronde se la biografia è stata scritta anche con quest'intento (rispettabile) non si capisce perchè non debba parlarne nelle interviste. Se invece si insinua che il coming out sia dovuto alla necessità di "rilanciare una carriera" mi sembra Ferro avrebbe potuto trovare modi meno rischiosi per farlo - posto che un trentenne di successo abbia già bisogno di "rilanciarsi".
Ci si dimentica poi che in Italia sono rarissimi (inesistenti?) i casi di artisti famosi (e non anziani - per fare un esempio: Leo Gullotta) che hanno ammesso la loro omosessualità nel pieno della loro carriera artistica. Nel caso di Tiziano Ferro sappiamo anche che lo zoccolo duro dei suoi fans è costituito da ragazze e donne affascinate non solo dalla sua arte: questo passo per lui potrebbe avere sia risvolti negativi che positivi - viviamo in un paese dove l'ipocrisia regna sovrana, dove gli omosessuali non hanno uno straccio di riconoscibilità sociale e legale, dove a passeggiare mano nella mano con il proprio fidanzato/a si rischia di brutto.
All'estero ci sono molti artisti (attori e attrici, cantanti, ecc.) che hanno fatto il loro coming out, non sempre al culmine della loro carriera (Elton John ad esempio), e sempre con l'ombra del pettegolezzo "sminuente": "pubblicità!", "rilancio!" ( è quello che si disse quando Ellen DeGeneres fece coming out dopo una stagione in calo di ascolti della sua sit-com "Ellen").
Forse non ci si rende conto che un coming out è "per sempre": non si torna indietro; ad alcuni anzi ha nociuto (come si dice lo sia stato per Rupert Everett, relegato in ruoli non eccelsi in film ancora meno eccelsi), ma sopratutto non ci si rende conto quanto costi in termini personali e quotidiani aver rivelato qualcosa che non tutti accettano di buon grado (parenti e amici inclusi - c'e sempre qualcuno che non lo sa, tra la cerchia dei conoscenti).

Il coming out (da non confondere mai con l'"outing", che è la rivelazione forzata della omosessualità altrui) ha e continuerà ad avere una valenza politica (anche se fatta da perfetti sconosciuti, anzi, forse a maggior ragione) finchè nella nostra società il sentire comune non diverrà quello di un perfetto menefreghismo in merito alle tendenze sessuali delle persone; e non dimentichiamo che ci sono decine di stati nel mondo che condannano penalmente l'omosessualità, alcuni addirittura con la pena di morte.
Testimoniare se stessi per adesso vuol dire fare un'affermazione per i diritti di gay e lesbiche - adesso, e ancora per molto, temo.
"Sei gay?: Chi se ne frega!" - si augurano diverse celebrità in uno spot a supporto della campagna "Give a damn" contro le discriminazioni verso gli omosessuali. Non so quanto possano funzionare queste campagne, ma ben venga continuare a parlare di questi temi, a tutti i livelli.

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