domenica 13 giugno 2010

Christopher Street Day Milano 2010


Quest'anno sono riuscita a venire a Milano per il Pride annuale (Napoli - dove si svolge il nazionale - è decisamente lontana!) che da un paio d'anni se non sbaglio si chiama "Christopher Street Day" (nome della via del Greenwich Village a N.Y. fulcro del neonato movimento gay negli anni settanta).
[Per vedere la gallery delle foto con relative didascalie  basta cliccare sulla foto qui accanto, link al mio web album]
Rispetto ad altre passate edizioni il corteo è certo stato meno affollato (le cifre date indicano 20.000, per me la metà); tuttavia non è mai da sottovalutare lo sforzo di migliaia di persone che  si prendono la briga di sacrificare un pomeriggio per testimoniare la loro volontà di essere prese in considerazione - specialmente nella richiesta di pari diritti.
Ecco, il tema dei matrimoni omosessuali (inutile attardarsi sulle "unioni civili" quando ormai molti paesi di tutto il mondo arrivano direttamente a quello) era ben poco pubblicizzato nel corteo, se non attraverso pochi cartelli artigianali (quelli che ho fotografato: non credo ce ne fossero molti altri). Una maggiore organizzazione anche nella comunicazione degli slogan della manifestazione avrebbe giovato; e invece al solito (quasi "al solito", altre volte non è stato proprio così) la visibilità va al divertimento fracassoso e a certi eccessi esibizionistici. Chiarisco che per me ognuno può venire al Pride acconciato come gli pare, e che il colore e l'allegria del Pride dovrebbero essere sempre ciò che caratterizza questa manifestazione - però non a scapito di una rappresentazione più varia del mondo gay, che è fatta anche di non esibizionisti, anzi, di gente "grigia" talvolta come il collega etero in ufficio (per dire).
Ho notato in generale una maggiore presenza di elementi abbastanza borderline, "sgarrupati" si direbbe - anche qui il discorso non è di non accettazione del "fuori dal comune", ma di quanto questo "fuori" finisca per caratterizzare una manifestazione che dovrebbe rappresentare gli omosessuali tutti - almeno questo è quanto poi si comunica verso l'esterno, verso il pubblico che ci guarda.
In passate manifestazioni ricordo la presenza di una più equilibrata varietà di tipologia di persone - famiglie, studenti, persone anonime, ecc.
Pazienza, ma almeno mi sarei aspettata un po' più di politica (e non mi riferisco alla presenza di un paio di gruppi di un paio di partiti della sinistra), e anche un atteggiamento un po' più incazzato rispetto alla marea montante delle violenza omofoba in Italia. Insomma, una comunicazione più efficace anche rispetto al nostro ritardo come nazione confrontata con i tanti paesi che ultimamente hanno equiparato il matrimonio omosessuale a quello etero: Portogallo, Islanda, Messico (Messico!!)...
Altrimenti mi chiedo: a cosa serve sfilare in corteo ed arrivare sotto al Duomo? Solo per guardare le facce tra l'allibito e l'incuriosito di milanesi "perbene" e turisti vari?
Io comunque mi sono fermata una volta arrivata alla Scala, si era fatto tardi e dovevo ritornare alla base; il corteo sarebbe poi arrivato a Porta Venezia (fino a poco tempo fa la direzione era contraria - da Porta Venezia al Castello).
Il Pride milanese è stata anche l'occasione di ritrovare le amiche di un tempo (di alcune ho immortalato le scarpe, visibili nell'album fotografico), e di scambiare poche parole, coperte quasi sempre da un baccano che le mie orecchie non più giovanili sopportano a stento.

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